17 Nov Convegno Internazionale “Portare Avanti quelli che sono rimasti indietro”
15 aprile, presso la Sala Polifunzionale di Palazzo Chigi a Roma
Perchè l’Italia è tra i pochi Stati in Europa, a non avere un reddito minimo garantito per i disoccupati e misure di contrasto alla povertà? Perchè nel nostro Paese vige una cultura ostile a forme redistributive che negli altri Stati europei sono universalmente condivise?
Un cittadino ogni quattro in povertà relativa, uno ogni dieci indigente, secondo i recenti dati diffusi dall’Ocse e dall’Istat imperniati sull’impoverimento della popolazione italiana.
Secondo le due indagini gli italiani risultano essere più poveri del 30% rispetto ai cittadini degli altri Stati europei sviluppati. Inoltre, nei nostri confini nazionali il 26% della popolazione versa in una condizione di povertà relativa ed oltre il 10% è in povertà assoluta. Alcuni studi dimostrano che i Paesi che non hanno forme di tutele e protezioni sociali per i disoccupati e non hanno politiche di lotta alla povertà e all’esclusione sociale hanno un altissimo debito pubblico. Si potrebbe quasi azzardare un’ipotesi, rovesciando alcuni luoghi comuni, che l’assenza di un sistema di protezioni sociali non solo aumenta la povertà ma contribuisce – paradossalmente – ad aumentare il debito pubblico. In altri termini i costi sociali della disoccupazione, della povertà e dell’esclusione sociale, sono maggiori delle politiche redistributive e di un “Welfare forte”.
Il welfare moderno è redistributivo, non individua ceti, gruppi, categorie e non è clientelare ma universalistico. In tutti i Paesi europei le politiche che prevedono un reddito di inclusione sociale hanno dimostrato di creare maggiore autonomia, maggiore disponibilità al rischio d’impresa.
È proprio l’assenza di politiche di welfare universalistico che produce debito, poiché impedisce l’efficienza sociale. Le politiche di welfare particolaristiche-corporative favoriscono la tensione sociale e la dipendenza di specifiche categorie lavorative alla politica. In termini di costi in Italia il reddito minimo garantito, secondo l’indagine di “Sbilanciamoci”, costerebbe tra i 36 e i 72 miliardi di euro(sbilanciamoci.it). Ma si risparmierebbe sulle altre forme di sussidi che oggi sono erogati e che non contribuiscono ad abbattere la povertà che è in drammatico aumento.
In Italia è una scelta plausibile e condivisa dai Partiti? Il Convegno vuole approfondire le ragioni della nostra anomalia ed avanzare, dopo un’analisi comparata con gli altri Stati europei, alcune proposte concrete che partano dall’importante lavoro svolto dalla UIL in questi anni.
PROMOTORI: Fondazione Nenni, UIL, Fondazione Ebert, Fondazione Buozzi, Istituto di studi Sindacali UIL “Italo Viglianesi”.
PROGRAMMA
MATTINA
Ore 9.00 Welcome coffee
“Misure di contrasto alla povertà”
ORE 9.30 INTRODUZIONI
Giorgio Benvenuto
Michael Braun
Carlo Fiordaliso
ORE 10.00 CONTRIBUTI ALLA DISCUSSIONE
Enza Bruno Bossio
Cesare Salvi
Walter Tocci
Tiziano Treu
PARTECIPANO: Maria Elena Boschi, Maria Teresa Amici
ORE 12.30 CONCLUSIONI
Carmelo Barbagallo
modera: Antonio Passaro
PAUSA PRANZO(buffet)
POMERIGGIO
“Modelli di welfare a confronto: Svezia, Germania, Italia che fare?
ore 14.30 INTRODUZIONE
Guglielmo Loy
ore 14.45 RELAZIONI
– Matthias Knuth
Le “rifome di struttura” in Germania: universalistiche? E un salvataggio per il mercato del lavoro?
– Ruth Jacoby
Il modello scandinavo
– Antonio Tedesco
Ammortizzatori sociali e debito pubblico
– Maria Pia Pizzolante
Reddito garantito come strumento antimafie
– Francesco Maria Gennaro
Contrasto alla povertà e all’esclusione sociale in Italia.
Conclusioni
Silvana Roseto
PER ACCREDITARSI: info@fondazionenenni.it – 068077486
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