06 Lug Rapporto Cgil: ceti medi deboli, aumentano i poveri
-di FONDAZIONE GIUSEPPE DI VITTORIO-TECNE’-*
CAPITALE SOCIALE
La qualità dello sviluppo si misura anche nella rete di relazioni e in quella “spinta a partecipare” alla vita civile, sociale e politica, che trova riscontro nel tempo dedicato agli amici, nell’attenzione e nella cura verso il prossimo, nell’interesse nei confronti della politica. E’ questo che viene definito “capitale sociale”. Il 66% frequenta gli amici almeno una volta a settimana (era il 67% nel 2015), il 18% ha ascoltato un dibattito politico (era il 20% l’anno scorso), il 4% ha partecipato a un’iniziativa politica (5% un anno fa), l’1% ha svolto attività politica gratuita per un partito. Non va meglio sul fronte tipicamente sociale e dei diritti: il 2% ha partecipato a riunioni in associazioni ambientaliste e per i diritti civili, il 9% in associazioni culturali e ricreative (ma in queste rientrano anche i concerti e le esibizioni sportive e artistiche a scopo benefico). Va meglio per quanto riguarda le attività gratuite in associazioni di volontariato (11%) che si fanno, però, più sporadiche e meno strutturate. L’indice scende da 100 a 94 punti e peggiora in tutte le aree del Paese: nel nord-ovest passa da 101 a 96, nel nord-est da 112 a 103, nel centro da 104 a 96 e nel mezzogiorno da 89 a 86. Al primo posto si colloca il Trentino A.A. (164 punti), seguito da Basilicata (123) e Valle d’Aosta (120).
CAPITALE CULTURALE
La quantità e la qualità di beni architettonici, artistici e storici fanno dell’Italia il Paese più importante del mondo. Un patrimonio straordinario, non sempre valorizzato al meglio ma che potrebbe rappresentare un grande volano di crescita economica. Ciò si accompagna a un sistema meritocratico poco premiante dei talenti, a bassi tassi di scolarizzazione ed eccessivi abbondoni lungo il percorso formativo, fattori che rendono il Paese meno competitivo rispetto alle altre grandi economie e nel lungo termine destinato a perdere posizioni importanti, a favore anche delle
economie emergenti. Il miglioramento generale rispetto all’anno scorso deriva prevalentemente da un miglior e più diffuso uso delle tecnologie informatiche, elemento che rappresenta un miglioramento quantitativo ma non necessariamente qualitativo. L’indice generale sale da 100 a 103, con il centro in prima posizione con 113 punti (110 nel 2015), seguito dal nord-ovest con 111 punti (107), il nord-est con 108 (erano 106) e il mezzogiorno con 89 (86). Al primo posto si colloca il Lazio (119), poi la Lombardia (114), seguita dal Trentino A.A. (113).
INFRASTRUTTURE ECONOMICHE
Rispetto al 2015 cresce il numero d’imprese. Rimangono molto bassi, però, gli investimenti in ricerca e sviluppo (circa l’1% del Pil), e le imprese innovatrici rappresentano appena il 34%. Al contempo, pur stabilizzandosi gli occupati intorno ai 22,7 milioni, diminuisce la percezione di stabilità del posto di lavoro, che diventa più discontinuo e precario. Scende ulteriormente la redditività media delle imprese e il valore aggiunto al costo dei fattori. L’insieme di questi elementi ci restituisce un sistema economico che migliora leggermente le sue dotazioni quantitative e le sue
performance ma non rallenta il deterioramento qualitativo del sistema nel suo complesso. Un deterioramento che si rispecchia anche nel peggioramento complessivo della qualità del lavoro. L’indice generale sale da 100 a 101, con il nord-est al primo posto a 126 punti (era 124), seguito dal nord-ovest stabile a 114 punti, dal centro con 108 punti (106) e in ultima posizione il mezzogiorno con 74 (73 nel 2015). In testa alla classifica c’è il Trentino A.A. (140 punti), seguito da Veneto (131) e Toscana (129).
EQUITA’ SOCIO-ECONOMICA
Le differenze nella struttura economica si riflettono anche negli indicatori che misurano l’equità, confermando la relazione ben nota nell’analisi economica tra crescita del disagio e crescita delle disuguaglianze. Il nord è senz’altro l’area del Paese dove il livello di disuguaglianza economica è inferiore mentre nel mezzogiorno sia per quanto riguarda la distribuzione dei redditi che per quanto riguarda la concentrazione della ricchezza il livello di inequità sale moltissimo. Se si analizza il reddito equivalente, a quello corrispondente al 40% delle famiglie con i redditi più bassi, corrispondono il 24% delle famiglie del nord-ovest, il 25% di quelle del nord-est, il 34% di quelle del centro e ben il 67% di quelle del mezzogiorno. Un dato drammatico che mette in chiaro quanto sia ampia e in crescita la forbice economica. Nel complesso l’indice relativo all’equità socio-economica scende di un punto a livello generale (da 100 a 99), con il nord-ovest che flette di 3 punti e passa da 142 a 139, il nord-est che sale in testa alla classifica con 143 punti (erano 141 nel 2015), il centro che scende a 120 (erano 123) e il mezzogiorno a 71 (da 72 nel 2015). Trentino A.A. (167 punti), Lombardia (152) ed Emilia Romagna (148) sono le regioni di testa nella graduatoria dei territori più virtuosi.
FIDUCIA ECONOMICA
La fiducia è uno dei motori più importanti della crescita economica, senza la quale non solo diventa difficile fare progetti di vita, ma anche i consumi e gli investimenti tendono a comprimersi o a dilatarsi in attesa di tempi migliori. L’aumento delle disuguaglianze si specchia in un Paese che ha perso fiducia nel futuro prossimo, dove gli ascensori sociali hanno smesso di funzionare e la povertà ha sempre più i sintomi di una malattia cronica, dalla quale è quasi impossibile uscirne. Solo il 31% pensa che la situazione economica dell’Italia migliorerà nei prossimi 12 mesi (era il 44% nel 2015) e se si guarda alla situazione personale appena l’11% si attende un miglioramento (era il 13%). Non va meglio sul fronte del lavoro: solo il 24% pensa che l’occupazione crescerà (era il 31% nel 2015). Nel complesso l’indice scenda da 100 a 76, con il nord-ovest in testa con 97 punti (ma erano 120 nel 2015), seguito dal nord-est con 88 punti (erano 134), dal centro con 76 punti (86) e dal mezzogiorno con
56 punti (erano 72). La Lombardia (100 punti) guida la graduatoria, seguita dal Veneto (98) e dalla Liguria (92).
FIDUCIA INTERPERSONALE
Solo il 12% ha fiducia negli altri senza un volto e un’identità, nelle persone che non si “conoscono”. Va ancora peggio se gli altri sono i “diversi” (immigrati o persone dall’aspetto trascurato e trasandato). In questo caso la fiducia scende all’8%. Va decisamente meglio, invece, se è il vicino di casa quello a cui doversi affidare in caso di necessità. In questo caso le persone che si fidano salgono al 70% (69% nel 2015). Ma al primo posto, tra le persone delle quali si può avere fiducia, ci sono gli appartenenti alle forze dell’ordine (82%, rispetto all’81% del 2015). Nel complesso, quindi, ci si fida di più delle persone vicine (non solo fisicamente ma anche socialmente) e dell’autorità (appunto gli appartenenti alle forze dell’ordine, mentre la fiducia incondizionata, rispetto alla condizione e al ruolo, resta bassissima. L’indice generale registra una crescita ma all’interno della dinamica appena descritta con il nord-ovest che sale da 109 a 111 punti, il nord-est da 111 a 117 punti, il centro che cala da 104 punti a 103 e il mezzogiorno che cresce da 85 a 87 (erano 72). Tra le regioni dove il livello di fiducia è più alto, c’è il Trentino A.A. (138), seguito da Valle d’Aosta (131) e Friuli V.G. (122).
SODDISFAZIONE PERSONALE
Migliora leggermente la soddisfazione personale, grazie anche a una diversa riconfigurazione della griglia degli interessi e delle priorità. Poco più della metà è soddisfatta della propria situazione economica ma due su tre sono soddisfatti della propria qualità della vita. Sempre molto alti, seppur in leggera flessione, i soddisfatti delle relazioni familiari (90%) e di quelle con gli amici (83%), nonostante gli incontri si siano più rarefatti rispetto al passato e il numero si sia ridotto. L’indice della soddisfazione personale passa da 100 a 103, con un miglioramento che riguarda tutte le aree del Paese: il nordovest passa da 105 a 109, il nord-est da 106 a 109, il centro da 101 a 104 e il mezzogiorno da 92 a 95. Tra le regioni dove la soddisfazione è più alta, c’è il Trentino A.A. (120 punti), la Lombardia (110) e l’Emilia Romagna (109).
*Dal 2° rapporto sulla qualità dello sviluppo realizzato dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio e Tecnè per la Cgil